Il ruolo della comunità educante nel contrasto alla povertà educativa

L’OPPORTUNITÀ DELLA CALL TO ACTION “Lo sport come strumento di integrazione e inclusione sociale” promossa dal Bando Publiacqua.

a cura di Cristina Agostinelli, referente settore Bandi e Progetti

La povertà educativa indica l’impossibilità per i minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni. Nel nostro Paese la povertà educativa priva milioni di bambini e bambine del diritto di crescere e di seguire i loro sogni.

Molto spesso povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda. Il covid-19 è apparso come un elemento estraneo e stravolgente nella nostra quotidianità, impattando negativamente sulla collettività, sulla comunità educante e soprattutto sulle persone già a forte rischio marginalità con particolare riferimento ai minori.

Non disponendo ancora di una valutazione delle conseguenze della crisi sanitaria sulle opportunità educative, i dati qui rappresentati risalgono a valutazioni raccolte prima della pandemia e pubblicate recentemente all’interno del report sulla povertà educativa in Toscana. L’osservatorio sulla povertà educativa, nato dalla collaborazione tra l’impresa sociale Con i Bambini e la Fondazione Openpolis, ha fornito i dati più rilevanti sul tema a livello locale, messi a confronto con la situazione nazionale.

frenata di arresto che la pandemia ha provocato in quei servizi essenziali per il contrasto alla povertà educativa, quali la pratica sportiva, l’accesso al gioco e alle opportunità culturali e di socializzazione.

I dati più significativi riguardano i minori residenti in Toscana,
547.732 nel 2020, la cui fotografia regionale appare essere
particolarmente sensibile e virtuosa in ambito di povertà
educativa.

I temi trattati riguardano l’accessibilità al mondo
scuola fin dalla primissima infanzia, dove la percentuale
dei posti disponibili ogni 100 bambini è pari al 42,3% (dato
riconducibile alla provincia di Prato e molto superiore di quello
della media nazionale che è pari al 33%); riguardano inoltre i
dati sulla digitalizzazione, dove ad esempio nella Provincia di 
Firenze si trova circa il 77% delle famiglie connesso con una
banda internet veloce, e riguarda infine la condizione dell’edilizia
scolastica, dove in Toscana solo il 5,8% degli edifici è considerato
vetusto e la raggiungibilità delle strutture scolastiche con
mezzi pubblici è pari al 94% degli edifici dell’intero territorio.

Se 
la fotografia non denota una situazione al di sotto della media
italiana, tuttavia la condizione è da considerarsi necessaria ma
non sufficiente, soprattutto se teniamo in considerazione la frenata di arresto che la pandemia ha provocato in quei servizi essenziali per il contrasto alla povertà educativa, quali la pratica sportiva, l’accesso al gioco e alle opportunità culturali e di socializzazione.

Dal report “I minori e lo sport”3, pubblicato nel Giugno 2021 sempre dal fondo sociale per il contrasto della povertà educativa minorile, si evidenzia che quasi 1 minore su 5 in Italia non pratica sport.

Per il 30 % circa dei bambini dai 6 ai 10 anni la causa è la condizione economica del nucleo familiare. Nuovamente riappare anche in questa analisi il binomio povertà economica e povertà educativa.

Altra riflessione riguarda il cambio delle abitudini sociali: prima della pandemia i minori praticavano prevalentemente sport in spazi chiusi (il 70% dei praticanti adolescenti e oltre l’84% dei giovanissimi), meno di un giovane su quattro faceva sport in spazi all’aperto non attrezzati, contro il 41,9% dell’intera popolazione, con ulteriori disparità se il dato è confrontato per area geografica.

Nelle città del nord-est ad esempio si trovano il 18% dei minori di tutto il Paese e quasi il 40% delle aree sportive all’aperto presenti nei capoluoghi italiani. In quelle del sud risiedono invece il 19% dei minori italiani che dispongono solo del 10% delle aree sportive all’aperto.

Pochi sono gli spazi per lo sport anche nelle scuole, con forti differenze territoriali. Friuli e Piemonte sono le uniche regioni in cui il numero di scuole con strutture sportive supera il 50%.

In fondo alla classifica troviamo invece Calabria (20,5%) e Campania (26,1%), che sono anche le regioni con il minor numero di ragazzi e ragazze che praticano sport con continuità.

La rapida trasformazione economica, la riorganizzazione dei servizi educativi e la presenza di una cultura sportiva particolarmente collegata alla pratica “indoor” hanno impattato negativamente sul rischio povertà educativa e sulla capacità di intercettare e coinvolgere i minori nella pratica sportiva, allargando maggiormente il divario sociale.

Il Centro Giovanile di Formazione Sportiva è attore importante nella comunità educante della provincia di Prato e nel panorama europeo, da decenni offre particolare attenzione alle persone di minore età a forte rischio povertà educativa.

Le azioni a contrasto della povertà sono da sempre realizzate in forma gratuita e autofinanziata, talvolta supportate da progettualità dedicate, spesso interamente a carico della struttura della ASD CGFS, che è riuscita annualmente, e fino ad oggi, ad intercettare dai 100 ai 120 giovani con condizioni economiche e sociali svantaggiate.

Riadattare l’offerta formativa alle nuove esigenze della collettività dei minori, promuovere approcci didattici innovativi come quelli legati al modello educativo NOVIS4 “No Violence in Sport”, e quello di prevenzione dell’abbandono sportivo PYSD5, valorizzare la pratica sportiva outdoor, ha permesso al CGFS di rilanciare la sfida dei propri servizi nonostante il dialogo con la fascia bisognosa dei più giovani e con le loro famiglie sia divenuto nel post pandemia sempre più difficile da intercettare e sostenere.

L’opera di inclusione è stata possibile nel corso del 2021 grazie al contributo erogato da Publiacqua e ottenuto dal CGFS, che attraverso la call to action Lo Sport come strumento di integrazione e inclusione sociale”6, può accogliere anche per quest’anno buona parte delle richieste presentate.

L’innovazione e la sperimentazione sono alla base della capacità di ripresa della comunità educante e della sua adattabilità alle nuove e mutevoli sfide, ma esse rappresentano ancora una volta una condizione necessaria e non sufficiente, da dover porre in sinergia in azioni e risorse congiunte come nella progettualità resa possibile da Publiacqua a partire dall’autunno del 2021.

Tali azioni portano il CGFS a continuare a credere ancora oggi che: “la risposta al fenomeno della povertà educativa minorile è la comunità educante, che comprende l’insieme dei soggetti coinvolti nella crescita e nell’educazione dei minori. In primis scuola e famiglia, ma anche organizzazioni del Terzo settore, privato sociale, istituzioni, società civile, parrocchie, università, i ragazzi stessi. Comunità educante è l’intera collettività che ruota intorno ai più giovani. Una comunità che cresce con loro, e non solo per loro; che educa gli adulti del domani, ma che si fa anche educare e cambiare da loro.7

Dal punto di vista dei bambini e degli adolescenti, la pratica sportiva tocca aspetti cruciali: riguarda il diritto del minore a uno stile di vita sano e a uno sviluppo fisico equilibrato, ma anche la possibilità di sviluppare la propria personalità e accrescere l’autostima.

La Commissione Europea, nel Libro bianco sullo sport del 2007, ha sottolineato come il tempo dedicato alla pratica sportiva generi benefici per il minore non solo in termini di salute, ma anche sul piano dell’istruzione.

Perciò la letteratura e i documenti ufficiali sui diritti dei minori insistono molto sulla necessità di garantire a bambini e ragazzi l’accesso a queste attività, a prescindere dalla condizione sociale del nucleo familiare dal quale provengono.

Nelle raccomandazioni della Commissione Europea del febbraio 2013 “Investire nell’infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale”, vengono indicate come cruciali queste sfide:

  • eliminare gli ostacoli legati al costo, all’accessibilità e alle differenze culturali nella partecipazione ad attività ludiche, sportive, ricreative dei minori fuori dalla scuola;
  • prevedere luoghi sicuri per svolgere queste attività;
  • coinvolgimento in primis delle famiglie, ma anche di scuole, istituzioni e comunità locali”.

La strategia dell’UE per la gioventù costituisce il quadro di riferimento per la collaborazione a livello europeo sulle politiche giovanili nel periodo 2019-2027 dove le nuove “Key Words” sono mobilitazione, collegamento, responsabilizzazione. Condividendo strumenti, idee e buone pratiche è possibile raggiungere l’obiettivo comune di migliorare le condizioni di vita di bambini e ragazzi, che diventano non solo destinatari dei servizi, ma soprattutto protagonisti e soggetti attivi delle iniziative programmate e attivate.

Questo per il CGFS è stato reso possibile in un periodo delicato come quello dell’attuale pandemia, grazie alla sinergia degli attori della Comunità Educante a cui appartiene e con i quali ha sostenuto un’azione di inclusione importante per i minori a rischio povertà educativa garantendo loro l’accesso alla pratica sportiva.